PAROLE NEL VENTO di Fortunato Dello Russo

PAROLE NEL VENTO
POESIE
di Fortunato Dello Russo

In ogni società e, nello specifico, in quella attuale, scombussolata da guerre visibili o poco visibili e caratterizzata da vaste sacche di povertà, da un accumulo di ricchezza spudoratamente ostentata da alcune fasce sociali nonché da un acritico relativismo etico con il conseguente affievolimento o sovvertimento dei valori tradizionali, il soffio della poesia, anche se non può pretendere di salvare, da sola, il mondo, può contribuire senz’altro a mitigarne le sofferenze e a suggerire spazi di riflessione, di sogno o di utopie, contribuendo a renderlo più vivibile e meno noioso. In quest’ottica, un’ennesima pubblicazione di poesie, quella presente, si pone modestamente come una ‘raccolta indifferenziata’ di oggetti immateriali, usati, consumati, smarriti e poi ritrovati, definiti tradizionalmente “poesie”.  Si può definire, quello dell’autore, un itinerario, sincero e sofferto, intrapreso  nel corso di trent’anni alla ricerca di qualche punto fermo sui cui appoggiarsi. È quasi un diario segreto o un diario di bordo di una nave o scialuppa di salvataggio calata dalla navicella della propria vita intima nel mare aperto di una società non sempre pronta ad accogliere chi bussa alla porta o ad ascoltare chi chiede di essere ascoltato. La pubblicazione di questo corpus di composizioni dal titolo “Parole nel vento” si articola in  tre grandi sezioni: 1) All’uscita del tunnel un’aiuola di fiori; 2) In viaggio; 3) Passaggio a nord-ovest. Al loro interno si snodano 13 raccolte, per complessive 187 composizioni, maturate in periodi tra loro vicini e caratterizzate da stati d’animo di lungo e ampio respiro che echeggiano, sostanzialmente, le fattezze, i colori, il riverbero di alcuni avvenimenti privati e pubblici della società d’allora e ne mutuano in parte gli stili, i generi letterari e fors’anche le mode coprendo un arco di trent’anni. Non si nasconde che non è stato assente, nel determinarne  la presentazione al pubblico, il vezzo tipico di quasi ogni essere umano di voler uscire dall’anonimato della propria collocazione esistenziale di individuo comune - “homo communis”- nell’affollatissima platea ed arena della vita e della storia umana, vezzo questo accentuato dal desiderio, dall’ambizione,  o dalla voglia -  a causa dell’incalzare degli anni - di  lasciare ai propri figli, parenti, amici e conoscenti - senza escludere eventuali nemici - un segno, più o meno provvidenziale, una traccia visibile del proprio passaggio sulla terra , della propria esistenza sul suolo terrestre, senza voler per questo pretendere di essere assunto tra “i divini celesti”. In questo contesto l’autore si aggiunge al profluvio di pubblicazioni del tempo presente – compresa la presente - per cui si suppone che siano di più coloro che scrivono e pubblicano poesie o altro di quelli che leggono quanto i primi hanno scritto e pubblicato. Si direbbe, malignamente, che molti si privano del proprio sonno per procurarlo, inavvertitamente, agli altri.